mercoledì 15 settembre 2010

Ancora sul Porto Canale


L'Unione Sarda - 15 settembre 2010 - " Basta con le liti sul porto: perderemo migliaia di posti di lavoro"
Cronaca di Cagliari - pag. 20
Basta con le liti sul porto: perderemo migliaia di posti di lavoro
La Cisl chiama la classe politica alla mobilitazione
«Se anziché risolvere i problemi del porto ci si perde in polemiche politiche o, peggio, nelle spire di una giustizia dai tempi biblici, verrebbe perduta l'ennesima occasione di creare occupazione e di riscatto delle nostre popolazioni». È uno dei passaggi dell'appello della Cisl alle forze politiche dopo la retromarcia dell'Autorità portuale sulla riduzione delle tasse di ancoraggio nel porto industriale e la polemica sorta sulla definizione della proprietà delle aree circostanti, contese tra Cacip (e gli enti locali proprietari) e il demanio. Problemi che, per la Cisl, «costituiscono due facce di una stessa medaglia».
SVILUPPO Da anni, scrivono Corrado Pani della Fit e Fabrizio Carta della Ust ci si batte «perché il porto industriale si sviluppi attraverso l'incremento dei traffici e con l'utilizzo delle aree attorno ad essa, rendendo possibili investimenti produttivi, anche attraverso la zona franca».
CONCORRENZA Secondo i due sindacalisti, il porto industriale sarebbe «stritolato da concorrenti spietati, come Malta, non soggetta alle restrizioni dell'Europa per gli aiuti di Stato, o alcuni porti africani che offrono minori costi, come Tangeri e Porto Said». Anche il porto storico langue, soffocato dalla concorrenza degli altri porti sardi e dall'assenza dell'autostrada del mare (e relative detassazioni)».
«SERVE UNA MOBILITAZIONE». Per queste ragioni la Cisl chiede «un'azione fortissima», a tutti i livelli: locale, regionale e nazionale. Per questo il sindacato chiama i sardi alla mobilitazione popolare, «perché il rischio è creare disoccupazione a partire dai 1000 lavoratori attuali».

venerdì 10 settembre 2010

Dejà Vù


Salve a Tutti!!! chiedo scusa per il lungo silenzio giustificabile solo per la mancanza di notizie concrete (le utopie le conoscete già, Savona, P.Torres ecc.) .
Mi permetto di aprire una finestra all'interno di questo blog per parlare di un altro argomento che mi sta particolarmente a cuore. Il tema di fondo è sempre inerente al titolo del blog "merci in Sardegna" ma stavolta non si tratta di ferrovie.
In passato ho gia scritto qualcosa sul porto Canale di Cagliari dopo che qualcuno aveva evidenziato la mancanza di un raccordo ferroviario tra lo scalo merci e lo stesso porto (distante in linea d'aria meno di un chilometro) ma è un altro argomento.
Oggi vorrei riportare la vostra attenzione su quanto sta accadendo al terminal container di Cagliari (il così detto Porto Canale) dopo che negli ultimi due anni sembrava, più o meno, finalmente decollato e in grado di riportare in attivo almeno quella parte di economia che fino al 2008 aveva arrancato tra casse integrazioni e miserie varie. Si tratta di 500 lavoratori tra interni ed esterni che col porto a regime riescono a portare a casa uno stipendio decente a fine mese ma che dopo gli ultimi avvenimenti vedono lo spettro della crisi presentarsi nuovamente all'ingresso del terminal.
Riassumo brevemente: ad aprile di quest'anno è stato applicato il decreto legge 194 del 2009 (convertito con la legge 25/2010) che ha previsto di ridurre le tasse di ancoraggio che le navi devono sostenere per sostare nei porti, del 90% rispetto alle tariffe applicate fino al giorno prima, rendendo così il porto di Cagliari competitivo al pari degli altri porti che si affacciano nel Mediterraneo.
Il primo settembre un articolo dell'Unione Sarda riportava la notizia secondo cui la Tesoreria dello Stato riteneva inapplicabile tale decreto ed ordinava all'Autorità Portuale il ripristino delle tasse di ancoraggio al 100% . Da qui la minaccia delle grandi compagnie di lasciare il porto di Cagliari, la immediata diminuzione degli accosti e delle movimentazioni e il rischio per centinaia di lavoratori di ripiombare nell'incubo nella crisi.
Il mio interesse per questa faccenda ha ragione di esistere non solo perchè io sono uno di quei 500 lavoratori coinvolti, ma anche perché nei primi sentori di quanto è successo, ho rivissuto le stesse impressioni di quel gennaio 2008 quando, dopo l'uscita di un articolo sull'Unione in cui Trenitalia annunciava la volontà di dismettere il traffico merci, si mise in moto quella girandola di interrogazioni, articoli, denunce e appelli vari che ci condusse al fatidico 24 luglio 2008, giorno in cui terminò il traffico ferroviario in Sardegna.
Di seguito riporto l'articolo uscito oggi su L'Unione Sarda in cui si dice che la Presidente del Consiglio Regionale ha inviato una lettera al Ministro affinché vengano riconsiderate le insostenibili tariffe per gli ancoraggi.

" TASSE PORTUALI, INTERVENGA MATTEOLI"
Cagliari. Il presidente del Consiglio regionale ha inviato una lettera al Governo
Claudia Lombardo: i costi per l'ancoraggio sono insostenibili
Per compensare la riduzione delle tariffe l'Autorità portuale aveva usato l'avanzo di bilancio. La norma era stata contestata dalla Ragioneria dello Stato, e la Regione ora chiede una modifica normativa.
La Regione Sardegna si appella al Governo per la riduzione delle tasse di ancoraggio nel porto canale di Cagliari. Il presidente del Consiglio regionale, Claudia Lombardo, ha infatti inviato una lettera al ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Altero Matteoli e al sottosegretario Gianni Letta, per un intervento che consenta all'autorità Portuale del capoluogo sardo di ridurre gli oneri e non esclude una modifica della normativa nazionale.
IL PROBLEMA «L'intervento è necessario per salvaguardare il lavoro delle oltre 500 persone direttamente impegnate nell'attività portuale e nell'indotto», si legge nella nota. «La perdita dei posti di lavoro andrebbe ad aggravare la difficile situazione socioeconomica che la Sardegna sta vivendo». La Lombardo spiega che il decreto legge 194 del 2009 (convertito con la legge 25/2010) ha previsto di ridurre le tasse di ancoraggio con particolare riferimento all'attività di transhipment, «in un momento di grande difficoltà per i porti italiani, posti di fronte alla concorrenza dei porti degli altri Paesi, non facenti parte dell'Ue, che si affacciano sul Mediterraneo e che non prevedono analoghe imposizioni». Per far fronte a questa situazione l'Autorità portuale di Cagliari ha adottato un decreto che dà attuazione alla norma e riduce del 90%, per il 2010, le tasse di ancoraggio per le attività di transhipment. Per compensare le minori entrate l'Autorità portuale ha quindi previsto l'utilizzo del cospicuo avanzo di amministrazione consolidato al 31 dicembre 2009. «La scelta non è stata però condivisa dalla Ragioneria generale dello Stato la quale ritiene che l'interpretazione letterale della norma preveda che le minori entrate possano essere coperte solo da una diminuzione delle spese correnti o da maggiori entrate», aggiunge ancora Claudia Lombardo. «Questa interpretazione ha costretto l'Autorità a sospendere il decreto con la conseguente reintroduzione delle tasse di ancoraggio».
IL RISCHIO Tale fatto per il presidente del Consiglio regionale potrebbe comportare il preannunciato abbandono del Porto da parte dell'attuale operatore di transhipment «con una gravissima perdita in termini occupazionali». Per questo la Lombardo invita ad adottare, «tenuto conto dell'urgenza della risoluzione del problema, tutti i provvedimenti utili, non esclusa una iniziativa di modifica della normativa, per permettere all'Autorità portuale di ridurre le tasse di ancoraggio».