mercoledì 30 aprile 2008

Ferrovie dello Stato: svendita continua

un po lungo ma molto, molto, molto interessante.


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ferrovie dello Stato – Svendita continua
Date 21/12/2007 9:30:00 | Topic: politica italiana

di Nicoletta Forcheri

Il blocco dei fondi alle Ferrovie dello Stato, annunciato due
settimane fa dal Ministro delle infrastrutture Di Pietro, sarà apparsa
idea balzana a qualcheduno: essendo in uno stato pietoso, non equivale
a dar loro la mazzata finale? Se l'intento era rimetterle in sesto,
penso che si possa dire sin d'ora che non sarà conseguito. Ma la realtà
è molto più complessa.

FS capo holding

Le FS, negli ultimi anni hanno subìto varie e successive trasformazioni
passando da azienda autonoma a ente pubblico, fino a diventare una
holding con una costellazione di società di cui almeno 7 direttamente e
17 indirettamente controllate al 100%, e numerose collegate e
partecipate. Alcune hanno già cominciato ad essere parzialmente cedute
a privati come Grandi Stazioni SPA (60%), Centostazioni SpA (60%) e la
Sogin Srl (55%, società che controlla la Sita, società delle corriere
regionali toscane). Il patrimonio immobiliare ferroviario è gestito e
ceduto, attraverso la Ferrovie Real Estate SpA, l’ultima società nata
del Gruppo (2003) per la “vendita del patrimonio immobiliare non più
strumentato all’esercizio ferroviario, assegnatole tramite atto di
scissione parziale dalla società RFI (…)”.

Il Gruppo fa uso di strumenti derivati nell’ambito “di strategie di
copertura finalizzate alla gestione del rischio di tasso d’interesse”,
soprattutto in nome e per conto della società Trenitalia SpA, proprio
quella che guarda caso, assieme a RFI, ha conservato maggiormente il
principale interesse pubblico ferroviario propriamente detto: un totale
di 15 contratti derivati, nel 2006, sui tassi d’interesse per un valore
nominale complessivo di 979,3 milioni di euro oltre a 165,3 milioni di
euro per altri tre contratti all’inizio del 2007. Ma anche per conto
della TAV SpA…

Nel disposto della legge finanziaria 2007 sono stati trasferiti allo
Stato i debiti verso la Cassa di Depositi e Risparmio ...
... per un accollo totale di ben quasi 13 miliardi di euro!

La maggioranza delle società del gruppo Ferrovie dello Stato sono o in
perdita (FS: -345 M, Trenitalia -327,7M) o quasi in perdita. Spiccano
però nettamente i risultati d’esercizio, a fine 2006, della Ferrovie
Real Estate SpA, che vanta ben 185,5 milioni di utili; si salvano anche
la finanziaria del Gruppo Fercredit SpA (5,1 M), e le immobiliari
Grandi Stazioni SpA (13 M) e Centostazioni SpA (2,5M), già parzialmente
privatizzate. Si salvano cioè i reparti finanziari e immobiliari mentre
colano a picco, gravate anche dai derivati, Trenitalia, RFI e FS…

Stazioni privatizzande

Si sta profilando la privatizzazione di tutte le nostre stazioni:
patrimonio architettonico e storico di pregio inestimabile e della
nazione. Dalla missione identica, Centostazioni Spa e Grandi stazioni
SpA si prefiggono di ristrutturare e gestire, o fare il “restyling”, di
103 stazioni minori la prima e delle maggiori stazioni del paese la
seconda. Tra le loro attività rientrano di fatto anche l’introduzione
di catene commerciali, edicole e pubblicità, e perché no?
l’acquisizione delle stazioni, magari per “concessione” o per scissione
da RFI, a condizioni vantaggiose.

Grandi stazioni SpA controlla a sua volta quattro società di cui GS
Pubblicità Srl e GS Edicole Srl, pubblicità ed edicole che piazza poi –
in conflitto d’interesse? - nelle stesse stazioni che ha in
affidamento. Partecipata al 60% da FS e al 40% da Eurostazioni SpA (il
trio d’imprenditori coraggiosi: Tronchetti/Benetton/Caltagirone) è
citata in numerosi procedimenti giudiziari introdotti dagli ex
concessionari e dagli ex edicolanti delle stazioni, che fanno valere
contratti di locazione ancora validi. E’ la privatizzazione
all’italiana. Si dirà poi che è la “liberalizzazione” voluta
dall’Europa..

Grandi stazioni SpA è creditrice, in canoni di locazione, nei confronti
di Trenitalia, e solo nei confronti di RFI di ben 36 milioni per
“indennità per mancata liberazione di spazi situati nei complessi di
stazione e nelle unità acquisite dalla Società nell’anno 2001”. Ossia
RFI doveva smammare e non è smammata in tempo. Si ricordi che RFI è la
consociata rete ferroviaria, e si può presupporre che l’operazione sia
volutamente effettuata per generare utili dal nulla, pompando denaro
dallo Stato (RFI) dritto nelle tasche del trio imprenditori coraggiosi
di Grandi Stazioni SpA (mista).

Mentre Centostazioni SpA è una società per il 60% di FS e per il 40% di
Archimede (cordata privata con SAVE-Società aeroporti di Venezia e
Treviso come capofila) e ha un patrimonio immobiliare di 500000 m2.
SAVE è una società della Finanziaria Internazionale SpA, basata a
Conegliano, società di cartolarizzazione la più attiva d’Italia e tra
le più attive d’Europa. Ha costruito il suo patrimonio sulla
trasformazione dei debiti in titoli su cui specula. Anche qua stanno
preparando la sottrazione allo Stato di un patrimonio architettonico
inestimabile ai soliti fondi/banche.

Del resto la privatizzazione delle FS per intero è già prevista da vari
anni, e nel 2001 nel Libro Bianco sulle privatizzazioni predisposto dal
Ministero del Tesoro si parlava dell’accelerazione “dell’impiego del
“project finaning” e di forme di Public-Private partnership, estendendo
il concetto di privatizzazione alla realizzazione e gestione di
infrastrutture e servizi di pubblica utilità”.

Stato spolpato

Nel frattempo, la missione principale delle FS, il trasporto merci e
passeggeri su binario è trascurata, è un eufemismo. Ma Di Pietro
dovrebbe insistere di più sulle anomalie di struttura: tre società
immobiliari che percepiscono canoni di locazione dalle altre consociate
del Gruppo per i luoghi che devono occupare naturalmente per le
funzioni ferroviarie, sono certamente una stortura. Di Pietro oramai si
è capito che sbraita nel senso del pubblico ma poi fa il “loro” gioco.

Il Gruppo, avendo ripartito le funzioni ed effettuato scissioni tra
società, non ha ridistribuito e non ridistribuisce equamente gli utili,
anzi si direbbe che la creazione di alcune società abbia la specifica
funzione di “aspirare” un grosso flusso di utili e di liquidità dallo
Stato alle società semi privatizzate o che comunque lo saranno a breve,
e che operano tutte in attività secondarie. Il prossimo passo sarà la
privatizzazione delle chicche, quelle che “aspirano”, mentre
Trenitalia, RFI e Ferrovie dello Stato, le società che mantengono la
missione originaria, precipiteranno in un buco nero il cui onere sarà
fatto portare allo Stato, cioè a noi tutti. Per poi, sotto ricatto,
“regalarle”. E’ la nascita di un grande gruppo all’italiana.

Non si capisce come mai il governo, e in particolare il ministero delle
Infrastrutture/Trasporti, o quello del Tesoro, non intervengano più
pesantemente per controllare le spese delle FS: non è il governo
l’unico azionista, o meglio il maggiore "amministratore delegato" per
conto dello Stato? Allora perché non interviene nei conti, nelle spese
dissennate, negli impegni non rispettati e nei cambiamenti societari?

Invece propone o accetta gli aumenti di stipendio del consiglio di
amministrazione delle FS. Chi li ha autorizzati? E perché?

Il governo persegue, nei fatti, il sabotaggio con conseguente
privatizzazione/regalo, paradigma che oramai conosciamo. Se così non
fosse, interverrebbe, ad esempio trasformando subito le società “core
business” da SpA a una forma o l'altra di ente pubblico e interverrebbe
per riassestarle. O le dividerebbe in modo inequivocabile, rete
pubblica dello Stato da una parte e trasporti dall’altra, in regime di
mercato. Di certo non aumenterebbe gli emolumenti agli amministratori,
quando è alla luce del sole il degrado in cui versano i treni del
belpaese. Per esempio, li licenzierebbe.

Invece, oltre agli aumenti di stipendio, Mauro Moretti, amministratore
delegato del Gruppo Ferrovie dello Stato è stato persino premiato, l’8
novembre scorso, dal comitato d’onore dell’associazione “Alba del Terzo
millennio” - titolo ermetico premonitore di codici da “Nuovo Ordine
Mondiale” - per i “traguardi tecnologici” raggiunti dalle FS.

E per la liquidazione del precedente presidente amministratore delegato
(liquidazione di 6 milioni 700 mila euro), fu addotta dal
sottosegretario al ministero dell’Economia Massimo Tononi una “clausola
di riservatezza contenuta nel contratto di lavoro” (…) "La quota
variabile è collegata al raggiungimento di obiettivi
economico-finanziari o di qualità del servizio, ricavati dagli
strumenti di pianificazione strategica ed operativa dell´azienda". Di
quali obiettivi parlava esattamente per essere coperti da una clausola
di riservatezza? E di quale pianificazione?

In quanto all'intervento del governo a difesa de "l'interesse
generale", materia sempre più censurata da un concerto mediatico che
applaude su ordine dei padroni, l'argomento addotto per l’inefficienza
è sempre lo stesso: il denaro e il taglio della spesa pubblica ripetuto
con ossessione martellante, dal fedele servitore, anche premiato
ultimamente con una promozione al FMI, Padoa Schioppa.

Lo Stato, si sa, è indebitato, la novità è che lo sarà sempre di più,
strozzato com’è dal debito pubblico, in una economia usurocratica che è
riuscita ad assoggettare le nazioni, rendendo gli enti pubblici, alla
stregua dei normali cittadini, insolvibili.[1] Mentre le società di
consulenza e/o i revisori contabili, veri e propri reparti crociati
della “globalizzazione”, come PricewaterhouseCoopers in questo caso, o
la Goldman Sachs per la Telecom Italia (ma anche la Warburg, la JP
Morgan, la Barclays, la Rothschild, la JP Morgan, la Lehman Brothers,
la ABN AMRO Rothschild ecc) sono sempre lì a “consigliare” le nostre
aziende (ex) pubbliche, forse sarebbe meglio dire a “dettare” al
governo il da farsi.

Come mai consigliano sempre male?

Le FS/Stato in mano al governo svizzero?

Uno dei finanzieri delle FS è un ente di diritto svizzero chiamato
Eurofima, fondato nel 1955 per una durata di 50 anni, prorogato fino al
2059. Su Eurofima le notizie sono molto discrete: esso si presenta
ambiguamente come un ente sovranazionale pubblico, ma in realtà è
(anche) una società per azioni partecipata da 25 Stati/ferrovie degli
Stati europei (tranne le ferrovie britanniche).

Eurofima, nata in virtù sia di una Convenzione tra Stati sia di uno
statuto da società per azioni (peraltro quotata in borsa), ha la
missione dichiarata di reperire i fondi, in borsa, per finanziare,
mediante mutui/leasing l’acquisto di materiale ferroviario europeo ai
suoi azionisti che sono anche i suoi clienti...

Saltano tuttavia agli occhi alcune anomalie: Eurofima, dal sito
eurofima.org tipico delle no profit, si presenta tuttavia con il
simbolo del brevetto ® tipico delle Corporation che traggono utili
dalle royalties; Eurofima gode di un regime fiscale particolarmente
favorevole per non dire completamente esonerato dalle imposte,
peculiare per una società per azioni/holding che compie operazioni
finanziarie e che è quotata in Borsa… Inoltre Eurofima, dichiaratamente
sia negli scopi che nella composizione “presenta un interesse pubblico
e natura internazionale”. Ma all’articolo 1 della Convenzione,
sottoscritta dai governi dei vari Stati le cui ferrovie (o
amministrazioni delle ferrovie) sono azioniste, si antepone l’interesse
della stessa alle leggi statali. [2]

In pratica si tratta di un ente sovranazionale di diritto svizzero,
sottoscritto dai governi europei che è nel contempo una SpA i cui
azionisti sono le rispettive ferrovie degli Stati firmatari, e a cui
eroga finanziamenti per l’acquisto di materiale ferroviario, ottenendo
i fondi con operazioni finanziarie, il tutto esentasse.

C’è di più: se per tutte le questioni di ordinaria amministrazione, gli
azionisti, ossia le ferrovie dei vari Stati aderenti, godono dei
normali diritti di una qualsiasi SpA, per le decisioni più importanti -
cambiamenti di statuto, aumenti o diminuzioni del capitale sociale,
diritti di voto degli azionisti, composizione del consiglio di
amministrazione e ripartizione degli utili - decide il governo
svizzero.

E non è tutto: assumendo le funzioni di una banca nei confronti delle
ferrovie degli Stati, finanzia il materiale ferroviario ai suoi
azionisti/clienti tramite prestiti e titoli, e accorda in leasing lo
stesso materiale che vende/finanzia. Materiale che rimane di sua
proprietà fino al totale pagamento del debito. Ad esempio, per il 2006,
i debiti obbligazionari delle FS nei confronti di Eurofima ammontavano
a “600 milioni di euro (…) per il finanziamento degli investimenti in
materiale rotabile di Trenitalia SpA”.

Naturalmente, come una banca essa chiede garanzie, garanzie che
serviranno a risarcirla in caso d’inadempienza del debitore, oltre al
diritto di possesso del materiale ceduto in leasing. In caso di
cessazione del contratto, non solo il materiale ritorna di diritto a
Eurofima, ma anche le garanzie rimarranno ad essa per tutta la durata
dell’obbligazione contrattuale…(2055)

Insomma, nella struttura stessa, Eurofima racchiude più di una
contraddizione, organizzazione internazionale e SpA; ma dovremo
abituarci visto che è ciò che ci propineranno sempre di più nel
“governo globale” che ci preparano; basti pensare alla Banca Centrale
europea SpA ©

Del resto tutto chiaro e limpido non dev’essere se si può leggere in un
documento della società di rating StandardandPoor’s, del 20 settembre
scorso [3] che “le autorità UE non hanno mai indagato sul finanziamento
degli aderenti di Eurofima e sulla struttura delle garanzie.
Nell’improbabile eventualità che avvengano queste indagini, il debito
emesso precedentemente da Eurofima non potrebbe essere colpito, perché
qualsiasi normativa UE in merito non potrà essere applicata
retroattivamente. La qualità del credito delle obbligazioni emesse
precedentemente non potranno quindi essere danneggiate da qualsiasi
normativa europea in merito.” Come dire chi ha preso ha preso, chi ha
dato ha dato, scordiamoci il passato…

Come si legge nel rapporto di Moody’s, l’attività di Eurofima è
l’erogazione di finanziamenti per l’acquisto/leasing di materiale
rotabile ma con la garanzia dello Stato; in caso di privatizzazioni
delle ferrovie, la società di valutazione rassicura in quanto le
ferrovie continueranno a beneficiare della doppia garanzia: Stato e
ferrovie, pena l’esclusione dalla SpA. Ossia si privatizzano gli utili
e si nazionalizzano le perdite e, en passant, si cartolarizza il
debito. Eurofima ha perciò interesse che FS sia indebitata..

Degrado strumentale

Dietro le quinte chi si può avvantaggiare del degrado e
dell’indebitamento di FS sono anche le banche di affari angloamericane
Goldman Sachs, Schroder e altre, che da quindici anni hanno pianificato
e preparato le privatizzazioni massicce delle grandi aziende di Stato
italiane. Nel frattempo si manipola l’opinione pubblica, presentando il
paese e gli italiani come persone incapaci di gestire le proprie
aziende – vero nei limiti in cui le persone messe ai vertici di queste
società sono premiate per farle fallire e svenderle non certo per farle
funzionare - per propinarci la solita “soluzione salvifica” (cfr.
Alitalia) acquisendoci per un niente. Lo sbarco degli americani non la
smette di accadere, in questo dopo guerra che si è incantato.

Per gli utenti/cittadini, meglio sarebbe dire "sudditi/clienti", uno
degli aspetti del programma di privatizzazioni sono anni e anni di
disagi e degrado via via sempre maggiori, strumentali alla “soluzione”
cessione: aumenti tariffari, linee dismesse, piccole stazioni chiuse
perché non "redditizie" o portate avanti solo a costo di milioni di
sovvenzioni pubbliche regalate a monopoli privati, rami/binari seccati
e tagliati, o "ceduti" con tanto di dipendenti precarizzati e
licenziati (cfr. sciopero dei trasporti del 30 novembre), treni lerci
con escrementi e opere inutili e dannose pagate dalla collettività.

Come in Liguria, Ponente, dove stanno trasportando la tratta con vista
mare verso l'entroterra, eliminando un bel po’ di stazioni intermedie.
Facendo persino rimpiangere Mussolini che, ideatore della rete attuale,
fu campione d'equità sociale nel realizzare quella sua idea di portare
il treno in ogni comune d'Italia, a costo abbordabile per tutti. E
bisogna dire che ci era riuscito.

Quando le ferrovie saranno fallite/regalate, Di Pietro e tutti gli
altri potranno fare il loro show mediatico, o prendersela con Moretti,
ma non sono loro che stanno accettando e governando questa situazione?
Licenziassero Moretti e gli altri se non sono contenti. E comunque se
volessero cambiare qualcosa imporrebbero un mutamento innanzitutto
all’assetto societario, un accorpamento da una parte, e una divisione
chiara e netta tra ciò che è di rilievo e competenza pubblica e ciò
che, secondo l’Europa, deve essere in regime di mercato. Eppure nessuno
ne parla. Nessuno parla del danno che provocano le miste, o
dell’inadeguatezza della struttura a SpA e ad holding per le ferrovie
dello Stato. Perché il gruppo FS è già una mista, sia con le società
che abbiamo visto sopra, sia con il meccanismo di finanziamento
Eurofima, sia con gli strumenti derivati sia con la struttura a SpA.
Sia essendo azionista di una SpA quotata in Borsa…

Ma non dovrebbe più essere un mistero per nessuno, tranne che per
qualche economista dogmatico o per chi cede al ricatto del debito,
purtroppo troppi, che la commistione pubblico/privato soprattutto per
la gestione di settori d’interesse generale (trasporti, acqua, energia,
salute, ecc: da definire sovranamente!!!) provoca solamente catastrofi
e che sempre meno è auspicata dal pubblico in quanto causa di spese
eccessive dello Stato, aumenti tariffari, e diminuzione del servizio
nella forma di soppressione di tratte capillari non redditizie
(capillarità non redditizia)

E l’ora di smetterla d’invocare l’Europa come scusa per continuare su
questo terreno. E’ l’ora di non subire più tutto quello che viene
dall’Europa, come se al momento delle decisioni i nostri politici non
fossero stati presenti; sarebbe l’ora, infine, per alcune materie, di
fare come gli inglesi con la moneta: opting-out, chiamarsi fuori (che
siedono però tra gli azionisti della BCE). O come i francesi con Edf e
GdF , temporeggiare…[4] Si chiama Europa à la carte…

Ma lo spettacolo desolante e insopportabile è che le redini sfuggono di
mano ai politici, con programmi imposti dall’alto, o da oltralpi, di
cui nessuno degli esecutanti è tenuto a rendere conto ai cittadini e il
cui scopo è, fin troppo evidente, la soppressione del residuo potere
dello Stato e il trasferimento di tutte le sue ricchezze nelle mani di
qualche banca d’affari e di qualche holding, magari straniera, magari
con “incroci incestuosi”.

Nazionalizzazione liberale

Eppure nella storia delle ferrovie, nate come società private, vi era
stata una nazionalizzazione salvifica ad opera dei liberali, nel 1905,
anno in cui Giolitti, che si dimise in seguito, per far fronte al
disservizio delle società private di gestione che alla fine dell’800
“non garantiscono condizioni di viaggio sostenibili”, emana l’atto di
nazionalizzazione della rete ferroviaria.

Se non rovesciamo la tendenza con un pesante risveglio grazie a un
bombardamento informativo massiccio e un sostegno alla magistratura,
tutti gli altri settori che ci rimangono saranno i prossimi bersagli,
dopo le Poste, le Ferrovie e la Compagnie di bandiera, la Scuola, la
Sanità e la Polizia. Perché, dobbiamo obbedire all’OCSE [5] che scrive
: “Se si diminuiscono le spese di funzionamento, bisogna essere attenti
a non diminuire la quantità di servizi, al costo di ridurne la qualità.
Si possono ridurre ad esempio i crediti di funzionamento per le scuole
e le università, ma sarebbe rischioso ridurre il numero di alunni o
studenti. Le famiglie potrebbero reagire male al fatto di veder
rifiutare l’iscrizione dei propri figli, ma non ad un calo graduale
della qualità dell’insegnamento. Ciò si opera pian piano al fine di
evitare l’insoddisfazione generale della popolazione”. Perfettamente in
linea con Mr. Gelli.

Vi chiedete ancora chi sia Alba Terzo Millennio o perché Moretti sia
stato premiato?

Nicoletta Forcheri

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